L’esame citologico urinario riveste un ruolo importante nella diagnosi, nello screening e nel follow-up delle neoplasie vescicali in primis e dell’apparato escretore in generale.
La citologia urinaria viene generalmente effettuata in soggetti a rischio quali : a) individui con sintomatologia urinaria (ematuria, pollachiuria, stranguria); b) lavoratori esposti ad agenti cancerogeni quali amine aromatiche (alanina); d) pazienti sottoposti ad irradiazione della pelvi o a cicli di ciclofosfamide; e) pazienti in trattamento per neoplasia dell’urotelio, data la frequenza delle recidive che si verificano in tali casi. L’indagine presenta buone possibilità diagnostiche nei tumori papillari di medio grado ed alto grado e nel carcinoma in situ non papillare.
Normalmente l’urina è un liquido acellulato prodotto durante la funzione escretrice renale; come il liquido passa attraverso tubuli, pelvi renale, uretere, vescica ed uretra, esso raccoglie le cellule che desquamano derivanti dagli epiteli di questi organi anche se la quantità è scarsa per l’adesione tra loro delle cellule epiteliali.
Poiché le urine sono isotoniche, spesso non sono un mezzo ospitale per le cellule desquamate; pertanto risultano scarsamente cellulate e qualche volta di difficile valutazione all’esame microscopico.
Nel corso degli ultimi 20 anni la citologia urinaria è stata largamente utilizzata nella diagnosi e nel follow-up delle neoplasie vescicali e da molti è ancora ritenuta l’esame fondamentale per questa patologia. Si
Il quadro clinico delle neoplasie vescicali, in genere, si manifesta con l’ematuria macroscopica, ovvero la presenza nelle urine di sangue visibile ad occhio nudo, spesso ricorrente, con sangue il più delle volte rosso vivo fluido o, più spesso, misto a coaguli. Possono manifestarsi talvolta anche i segni di irritabilità vescicale, ovvero pollachiuria, stranguria, tenesmo e minzione imperiosa, che spesso però si riscontrano in neoplasie vescicali infiltranti. Comunque non bisogna escludere alcune patologie infiammatorie, quali la cistite emorragica (frequente in pazienti che fanno uso di anti-infiammatori non steroidei), in cui il quadro clinico il più delle volte è sovrapponibile; in questi casi, un buon esame citologico del sedimento urinario ci può escludere o meno la neoplasia.
Fondamentale per un accurato iter diagnostico che il campione di urine sia accompagnato da una dettagliata storia clinica del paziente, dalle modalità di raccolta e conservazione delle stesse e da ogni dettaglio riguardante terapie precedenti o in atto in quanto possono facilmente alterare le cellule e dare quindi dei falsi positivi. Infatti la cellularità e la morfologia cellulare possono essere alterate da manovre invasive (esempio cistoscopia o cateterismo), infezioni, infiammazioni, recenti interventi chirurgici, immunoterapia, radioterapia e chemioterapia locale o generale.
Per evitare disformità, sarebbe opportuno che il processo di preparazione delle urine sia codificato e standardizzato dal laboratorio: il miglior prelievo è quello delle urine mattutine in quanto sono più cellulate anche se presentano alterazioni degenerative più marcate; per tale motivo ci sono più metodiche per la raccolta delle urine; dal punto di vista diagnostico, l’ottimale sarebbe la raccolta delle prime urine mattutine dopo averne eliminate un po’ con un primo getto, per 3 giorni consecutivi, in un contenitore sterile a bocca larga a cui si aggiunge una pari quantità di fissativo (normalmente alcool etilico) per fissare le cellule e quindi evitare quei processi degenerativi di cui si è fatto cenno in precedenza; il contenitore dovrebbe essere riempito quasi fino al colmo e poi accuratamente chiuso onde evitare la perdita di urina durante il trasporto. Se tutti i contenitori vengono consegnati al laboratorio il terzo giorno (giorno dell’ultima raccolta), i campioni di urina devono essere conservati al fresco (temperatura ambiente) e non devono essere sottoposte a temperature elevate (superiore a 25°C). Naturalmente questa procedura deve essere anticipata da un’accurata pulizia dei genitali.
Infine, il crescente utilizzo della citologia urinaria è stato accompagnato da un contemporaneo miglioramento nell’accuratezza diagnostica dei preparati citologici; infatti le caratteristiche citomorfologiche delle neoplasie vescicali e dei suoi precursori sono state standardizzate e pertanto il grado di anomalie citomorfologiche delle cellule è correlato al grading della neoplasia; infatti la capacità diagnostica della citologia urinaria è più accurata nelle neoplasie con grading maggiore in quanto le alterazioni cellulari sono più marcate e la cellularità è maggiore perché le cellule neoplastiche perdono la differenziazione classica.
Pertanto, l’esame citologico delle urine è un esame non invasivo per il paziente e gioca un ruolo importante in quei pazienti con pregressa storia clinica di neoplasia vescicale ed ha il compito di monitorare la progressione, le recidive o di valutare eventuali trattamenti; per una buona riuscita dell’esame, comunque, ha un ruolo fondamentale anche il paziente che deve collaborare sia nella raccolta, conservazione e trasporto del materiale e sia nell’indicare all’osservatore eventuali patologie, terapie o manovre effettuate che possono inficiare il buon esito dell’esame.