Gli integratori alimentari possono causare il tumore alla prostata. Trattasi di una scoperta rivoluzionaria che arriva dalle Molinette di Torino, dove il professor Paolo Gontero, della Clinica Urologica universitaria diretta dal professor Bruno Frea, ha identificato in tre sostanze sino a oggi considerate amiche della salute le cause che portano al sviluppo del carcinoma prostatico. Si tratta del Selenio, del licopene (contenuto nel pomodoro) e degli estratti di tè verde, da sempre ritenuto un antitumorale naturale, ricco di antiossidanti che inibiscono la proliferazione cellulare.
A far la differenza sono le alte concentrazioni: se in piccole dosi possono fare bene, superato un certo livello causano una sorta di intossicazione direttamente collegabile al cancro alla prostata. Lo studio clinico effettutato su sessanta uomini in fase pre cancro, appena pubblicato sulle prestigiose riviste americane «Nature Reviews Urology» e «The Prostate», ha dimostrato che l’intero campione trattato con gli integratori alimentari ha sviluppato il carcinoma mentre gli altri no. La ricerca giunge come una doccia fredda nei confronti dalla possibilità di prevenire il tumore alla prostata con un’alimentazione mirata. A colpire di più è che dietro a delle sostanze «innocue» come quelle contenute negli integratori, raccomandati o utilizzati autonomamente da chi fa sport, possano nascondersi dei promotori del cancro.
Lo studio, iniziato nel 2008 è stato condotto secondo una rigorosa metodologia clinica. Lo studio ha constatato un effetto opposto a quanto sperato: i soggetti che avevano assunto questi antiossidanti in elevate quantità, contrariamente a quelli trattati con solo placebo, mostravano dei geni anomali simili a quelli che si rinvengono nei tumori della prostata, a dimostrazione che l’aumentato numero di tumori non è dovuto al caso, ma è l’effetto di modificazioni geniche probabilmente indotte dagli antiossidanti. L’alimentazione, e con essa gli antiossidanti, restano elementi di fondamentale importanza nella prevenzione dei tumori, oltre che un possibile ausilio nella loro cura. Questo studio dimostra che una sostanza con potere antiossidante in elevate quantità o in concentrato non è necessariamente benefica.