Questa è la vicenda di un bambino nato ad aprile grazie a una nuova tecnica che utilizza mitocondri di una donatrice per prevenire, nel feto, una grave malattia genetica trasmessa per via materna. Ma il metodo è controverso per ragioni etiche, legali e di riproducibilità.
Il bambino, un maschietto, è nato il 6 aprile 2016, ma la storia di come è stato concepito è stata diffusa dal settimanale New Scientist soltanto nei giorni scorsi. Il piccolo, figlio di una coppia giordana, è il primo a incorporare il DNA di tre adulti, assemblato con una nuova tecnica che ha permesso che il neonato non ereditasse dalla madre una grave malattia neurodegenerativa. La donna è portatrice sana della sindrome di Leigh, una patologia letale che colpisce il sistema nervoso in fase di sviluppo, e che aveva già causato diversi lutti nella famiglia: la morte di due figli (di 8 mesi e 6 anni di età) nati con la malattia, e 4 aborti. La coppia si è così rivolta a John Zhang, primario del New Hope Fertility Centre di New York, che per compiere la procedura, proibita negli Stati Uniti, si è recato in Messico, dove non esistono leggi a riguardo.
La sindrome di Leigh è riconducibile a mutazioni in 75 geni: in gran parte dei casi, i geni difettosi si trovano nel DNA nucleare, all'interno del nucleo delle cellule; ma in un caso su 5 queste mutazioni sono a carico del DNA mitocondriale. I mitocondri sono le "centrali energetiche" delle cellule e hanno un corredo di 37 geni che ereditiamo direttamente da nostra madre. Per evitare che il feto ereditasse la malattia, Zhang e colleghi sono ricorsi a una variante della "fecondazione in vitro con tre genitori". Nel Regno Unito è stata recentemente approvata una tecnica che prevede che sia la cellula uovo della madre, sia quella di una donatrice siano fecondate con gli spermatozoi del padre. Prima che gli ovuli fertilizzati incomincino la divisione cellulare, i nuclei di entrambi vengono rimossi; quello della donatrice è scartato e sostituito con quello della madre. Ma la procedura implica la distruzione di embrioni e per la coppia, di fede musulmana, comportava limiti etici. Così Zhang ha optato per un approccio diverso. Ha rimosso il nucleo da uno degli ovuli della madre e l'ha inserito nella cellula uovo di una donatrice, a sua volta privata del nucleo. La cellula risultante, con il DNA nucleare della madre e quello mitocondriale della donatrice, è stata fecondata dagli spermatozoi paterni. Solo uno dei 5 embrioni creati si è sviluppato normalmente e ha dato esito a una gravidanza finita bene. Solo l'1% del DNA mitocondriale del bambino sembra aver ereditato le mutazioni responsabili della malattia: troppo poco perché questa possa esprimersi. La tecnica potrebbe permettere a genitori portatori sani di importanti patologie di avere figli sani a loro volta, ma comporta anche limiti etici: primo tra tutti, quello di generare un figlio con il corredo cromosomico di 3 genitori.
Negli anni '90, quando la tecnica dei "tre genitori" fu testata per la prima volta, ci furono casi di bambini che svilupparono disordini genetici, e la procedura fu abolita. In quelle circostanze però, il DNA mitocondriale della donatrice era stato iniettato nella cellula uovo della madre, e sembra che i problemi derivassero dalla compresenza di due DNA mitocondriali. Il fatto che il piccolo sia maschio dovrebbe assicurare che il DNA mitocondriale della donatrice non venga trasmesso a eventuali eredi.
Dott. Gian Luca Milan
Immagine copyright depositphotos\vitstudio