Lo studio "Sexual quality of life and needs for sexology care of cancer patients admitted for radiotherapy" condotto da Thierry Almont at al. Presso l’ ”UICT – Oncopole” di Tolosa (Francia) è stato pubblicato sul "The Journal of Sexual Medicine" il 23 Febbraio del 2017, con lo scopo di evidenziare l’importanza dell’informazione e della consulenza sessuologica in pazienti con diagnosi tumorale prima dell’inizio della radioterapia. La ricerca ha cercato di dimostrare quanto il paziente si senta maggiormente supportato se è a conoscenza della possibilità di usufruire di sostegno sessuologico, introducendo un nuovo concetto terapeutico: la ”Onco – sessualità”.
Il campione finale era costituito da 338 adulti (209 donne e 129 uomini) con diagnosi di tumore (alla prostata per gli uomini, alla cervice uterina, utero e ovaio per le donne); alle pazienti donne sono stati somministrati un questionario al fine indagare le generalità dell’individuo, caratteristiche demografiche, tipo di tumore diagnosticato e terapie in atto, informazioni date al paziente dal team medico, attività sessuali, necessità di avere cure in campo sessuale e grado di soddisfazione della vita sessuale. Mentre un secondo questionario indagava la qualità della propria sessualità. Agli uomini sono stati applicati gli stessi questionari, ma adattati al diverso genere.
L’86% delle donne aveva subito altri trattamenti preliminari (chirurgia, ormonoterapia, chemioterapia) prima della radioterapia. Il 35% della popolazione reclutata presentava disfunzioni sessuali anche prima della diagnosi: gli uomini rappresentavano la maggior parte delle persone disfunzionali (eiaculazione precoce) forse anche perché più anziani, invece le donne presentavano dispareunia (soprattutto in caso di tumori pelvici e alla mammella), disturbi del desiderio/eccitazione e difficoltà nel raggiungere l’orgasmo. Dopo la diagnosi di tumore il 30% smetteva di avere rapporti sessuali, mentre un 28% diminuiva sensibilmente l’attività. Una buona parte del genere femminile, invece, diventa maggiormente attiva sessualmente rispetto agli uomini. Il 51% dei pazienti, dopo la diagnosi di tumore inizia a sviluppare nuove disfunzioni sessuali, per il 77% di essi questa era la prima esperienza di un disturbo sessuale. I risultati dei questionari sulla qualità della vita sessuale evidenziano che chi aveva un risultato basso al test prima della diagnosi di tumore, otteneva un risultato identico o peggiore dopo la scoperta del cancro; il tipo di disfunzioni sessuali rimane uguale o aumenta.
Un dato interessante è che il 40% dei pazienti dopo la scoperta della malattia ha richiesto un supporto sessuologico all’interno della terapia; le figure maggiormente contattate sono state, nell’ordine: medico sessuologo, psicologo sessuologo, terapia di coppia e infine i gruppi di sostegno. Le principali limitazioni della ricerca sono state: la popolazione iperselezionata e il fatto che molti pazienti hanno subito altri trattamenti prima della radioterapia. Questa situazione ha generato confusione e danni ulteriori alla sessualità. Un altro fattore limitante è stato lo strumento di valutazione: i questionari, seppur certificati e approvati rimangono metodiche soggettive che non possono considerare tutte le sfaccettature del problema.
Possiamo, quindi, commentare che la patologia tumorale ha un fortissimo impatto sia fisico (interventi chirurgici, chemio-radioterapia) sia psicologico (lesione della propria immagine e rappresentazione mentale corporea). Queste due componenti sono le colonne portanti della sessualità e, per questo motivo, quest’ultima viene inevitabilmente compromessa se non adeguatamente supportata: questo spiega la comparsa di nuove disfunzioni sessuali o l’intensificarsi di esse quando già presenti nella vita del paziente. Il dato interessante è che questo studio si basa unicamente sul libero arbitrio, ovvero a tutti i pazienti è stato proposto un supporto sessuologico durante il percorso, ma solo il 40% ha accettato attivamente, mentre 138 pazienti si sono addirittura rifiutati. Questo dato fa riflettere, perché si tratta di rifiutare di propria iniziativa un aiuto ulteriore a migliorare la propria condizione.
Ad oggi la sessualità non viene considerata uno dei punti cruciali per una buona qualità di vita. È pensiero comune, o caratteristica essenziale dell’essere umano, concentrarsi sul dolore e su ciò che non va, piuttosto che sui piaceri fisici o mentali che il sesso o la vita possono regalare, elementi percepiti fuori luogo in una condizione come il cancro. In Italia e nei paesi dove è presente una forte morale religiosa si dà un fortissimo valore alla sofferenza e si reputa “peccaminoso” ogni possibile tentativo di lenirla. In ambulatorio di medicina generale capita spesso si trovarsi di fronte a pazienti che dopo la diagnosi di tumore, o dopo l’intervento chirurgico risolutivo, si stupiscono di fronte ad una domanda sui rapporti sessuali con il/la partner.
Lo studio francese dimostra come una corretta informazione sessuologica, unita al supporto di uno specialista sessuologo e oncologo, migliori notevolmente i risultati e la qualità di vita del paziente, specialmente se la patologia riscontrata è completamente curabile. Una corretta informazione è fondamentale, per questo è importante spiegare ai pazienti i possibili danni e le possibili complicanze soprattutto gastroenterologiche, urinarie e sessuali che un intervento radioterapico può generare.
La notizia della diagnosi di cancro influenza diversamente l’attività sessuale nei rispettivi generi: l’uomo tende a ridurla, per forte smacco alla sua autostima e virilità, mentre la donna tende ad aumentarla per paura di perdere il partner e non essere più in grado di soddisfarlo. In ogni caso è innegabile che il tempo che intercorre tra la diagnosi e l’inizio delle terapie, qualsiasi esse siano, è una fase molto delicata della vita della persona e in questo vortice di sintomi e pensieri la sessualità è la prima a rimetterci ecco perché è così importante una sana informazione “onco-sessuologica”.
Le iniziative meno sfruttate di supporto sessuologico sono state la terapia di gruppo e la terapia di coppia: questo spiega quando sia devastante per l’intimità la diagnosi di tumore. Il paziente si sente tremendamente a disagio nel parlare della sua sfera privata, ormai danneggiata, quasi come se fosse una colpa da espiare o qualcosa di cui vergognarsi.
Non importa se il paziente prima della diagnosi ha disfunzioni sessuali, sicuramente con la scoperta della patologia compariranno o si intensificheranno. Il take home message di questo studio è che più precocemente si interviene con un supporto informativo, fisico ed emotivo, maggiore sarà il giovamento nella vita sessuale del paziente e nella sua vita in generale.
Dott. Gian Luca Milan
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