Nei nostri ambulatori capita sempre più di frequente visitare soggetti che hanno avuto e superato l’infezione da Covid 19 e molto spesso gli stessi soggetti riportano sintomi urologici o andrologi concomitanti con l’infezione da SAR-COV- 2 o successivamente a guarigione avvenuta.
Il dubbio dei pazienti ma anche di noi specialisti è se questi sintomi siano direttamente o indirettamente rapportabili all’infezione virale o solo una mera coincidenza temporale.
Uno dei temi più delicati è legato alla fertilità e se da un lato la pandemia ha inevitabilmente influenzato, per i risvolti economici e sociali, il tasso di fertilità in Italia e in Europa dall’altro sarebbe importante capire l’eventuale risvolto del coronavirus sulla fertilità maschile e femminile.
Influenza del Covid 19 sui Testicoli e il Sistema della Fertilità Maschile
L'infezione da Covid-19 potrebbe causare un aumento della morte degli spermatozoi, un aumento dei markers dell'infiammazione e dello stress ossidativo, una drastica riduzione nella concentrazione spermatica: tutti elementi che si traducono in minor qualità dello sperma e in una potenziale riduzione della fertilità, che va indagata a guarigione avvenuta.
Inoltre sono stati riportati anche sporadici casi di orchiti (infiammazioni testicolari) che clinicamente si manifestano con dolore testicolare, riduzione degli spermatozoi nel liquido seminale e febbre.
È infatti noto che il SARS-COV-2 penetri nelle cellule del nostro organismo grazie a una proteina “spike” che è in grado di determinare una modificazione strutturale della membrana esterna delle cellule infettate, creandosi così una via di ingresso nella cellula ospite dove potrà replicarsi e quindi manifestare e far progredire l’infezione.
Questa proteina cosiddetta spike, in particolare, ha un’alta affinità per un tipo di recettori di membrana che sono i recettori dell’enzima di conversione dell'angiotensina-2 (ACE2r).
Ciò significa che cellule che esprimono questi recettori potrebbero essere il bersaglio del SARS-COV-2.
In particolare, una specifica popolazione cellulare del testicolo, le cosiddette cellule di Leydig, responsabili della produzione di testosterone, esprimono gli ACE2r.
D’altro canto, l’espressione di questo recettore è stata dimostrata anche a livello degli spermatogoni, precursori degli spermatozoi, e delle cellule di Sertoli che rivestono i tubuli seminiferi del testicolo in cui avviene la spermatogenesi.
L’insieme di questi presupposti ed evidenze fanno quindi pensare che il testicolo sia un possibile bersaglio del Covid19 e che possa esserne coinvolto negativamente sia nella sua funzione ormonale che nella produzione degli spermatozoi con potenziali effetti sia sulla secrezione di testosterone che sulla fertilità del paziente infetto.
Ne deriva che non vanno sottovalutati sintomi quali una riduzione del desiderio sessuale, la mancanza o netta riduzione di erezioni spontanee al risveglio, il deficit erettile e/o l’alterazione di quantità e qualità del liquido seminale.
Queste caratteristiche potrebbero indicare una disfunzione testicolare.
La trasmissione sessuale del virus può essere un dilemma.
Pertanto, i rari casi risultati positivi a Covid 19 nel liquido seminale ci inducono ad esprimere una cautela su questo argomento e suggeriscono di mantenere le usuali misure di protezione anche durante i rapporti sessuali, soprattutto se si ha il dubbio di essere positivi o di essere entrati in contatto con un soggetto positivo.
Il Covid 19 e la fertilità della donna
Nelle donne, invece, che si sono ammalate di Covid 19 non è stata riscontrata una diminuzione della riserva ovarica a seguito del contagio.
Le probabilità di una donna di restare incinta sono determinate dalla sua riserva ovarica, ovvero dal numero di ovociti presenti nelle ovaie, e questa diminuisce con l'avanzare dell'età, ma può esser condizionata anche da altri fattori.
Da diversi studi si evince che le pazienti che hanno contratto il Covid 19 non sembrerebbe esserci stato un impatto negativo sullo stato della riserva ovarica.
Covid 19 e la Prostatite
Nei maschi sembra esserci un nesso tra Covid19 e prostatite.
Il SAR-COV-2 diventa un attivatore per chi ha già una prostatite in atto o di una infiammazione in genere, attraverso dei meccanismi legati al processo flogistico ed immunitario mediato.
Ogni manifestazione clinica, anche il cancro, passa per una fase di infiammazione che si sviluppa attraverso delle citochine, meccanismi che difendono ma a volte cedono di fronte alla stimolazione. Il virus provoca una infiammazione che provoca a chi già ne ha una un’accelerazione.
Per la prostata il Covid-19 sicuramente una pregressa situazione di infiammazione può portare a un anticipo di una nuova infiammazione o a un peggioramento della infiammazione stessa.
Covid 19 e Tumori Urologici: interventi chirurgici, chemioterapie e screening
L’impatto negativo della pandemia sulla salute pubblica nel fatto che la cura dei tumori ha subito un rallentamento a causa della pandemia Covid-19: molti interventi chirurgici sono stati rimandati e alcuni pazienti non sono andati negli ospedali per la chemioterapia per paura del virus e le liste d’attesa sono notevolmente aumentate a causa del carico di lavoro delle strutture ospedaliere.
L’attenzione ai tumori deve tornare al centro delle attenzioni del Sistema Sanitario Nazionale dal momento che anche gli ultimi dati vedono per i prossimi anni un aumento del 20% della mortalità dei pazienti colpiti da tumore a causa della pandemia.
Circa il 20 % dei pazienti oncologici hanno rinunciato di loro spontanea volontà a recarsi in ospedale per visite o terapie, disdicendo trattamenti o appuntamenti già fissati.
Si è assistito a una maggiore riduzione delle prestazioni per i pazienti affetti da patologia tumorale e anche alle prestazioni di screening dei principali tumorali con un impatto futura sul trattamento di nuovi casi.
Si stima che da inizio pandemia si contino:
- oltre 400000 interventi oncologici in meno;
- la metà degli interventi terapici ritardati o spostati;
- 2 milioni di prestazioni di screening in meno rispetto all'anno precedente.
Diverse possono essere le misure che potranno correggere la situazione a cominciare dall'incremento del personale sanitario e dei posti letto.
Dott. Gian Luca Milan