Disfunzione erettile e malattie cardiovascolariNumerosi studi clinici supportano l’ipotesi che la disfunzione erettile (DE) rappresenti un fattore di rischio indipendente per le malattie cardiovascolari (CVD). Basti pensare che la DE incidentale presenta un valore predittivo per gli eventi cardiovascolari simile o superiore ai tradizionali fattori di rischio inclusi fumo, iperlipidemia e familiarità per infarto del miocardio.
Grazie ad un recente lavoro di Miner e collaboratori, viene rafforzato il significato prognostico della DE in relazione a due tipi di popolazione: gli uomini <60 anni di età e quelli con diabete.
Nella review viene riportato, tra gli altri, l’interessante studio di Inman  che ha raccolto dati da un campione casuale di oltre 1400 uomini con partner sessuale regolare e nessun precedente di insufficienza coronarica (CAD). Dopo un follow-up di 10 anni è emerso un quadro allarmante: nella fascia di età più giovane, cioè tra i soggetti di età compresa tra i 40 e i 49 anni, la presenza di DE determina un rischio di CAD circa 50 volte superiore rispetto ai soggetti della stessa età ma senza DE. Lo stesso gruppo di dati riporta che per gli uomini di età superiore ai 70 anni invece la presenza di DE ha un valore predittivo molto meno efficace (solo 5 volte superiore al gruppo di uomini senza DE).


Sebbene siano necessari ulteriori approfondimenti, anche riguardo la popolazione di maschi diabetici, va detto che diversi studi indicano ormai che i soggetti diabetici con DE sono esposti ad un rischio cardiovascolare maggiore. Per esempio un’ampia analisi di oltre 6300 uomini arruolati nello studio ADVANCE suggerisce che la DE è un predittore di CVD particolarmente efficace.
IL lavoro di Miner, inoltre, indaga gli aspetti fisiopatologici che legano la DE vasculogenica e le CVD, soffermandosi su alcuni studi che suggeriscono come una disfunzione endoteliale possa rappresentare il disordine vascolare che accomuna queste patologie.
Grazie all’analisi critica di questi elementi, gli autori della review vogliono fortemente incoraggiare i medici a ricercare eventuali sintomi di DE tra tutti gli uomini di età superiore ai 30 anni con fattori di rischio cardiovascolare e tra tutti quelli che presentano diabete di tipo 2. Realizzare una precoce identificazione dei soggetti a rischio significa infatti ridurre i costi della salute e migliorarne gli esiti.

 

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