- Dettagli
- Categoria: Stili di vita, dieta, sport e sessualità
Cosa contiene la nostra pipì?
L’urica contiene almeno 3.000 sostanze diverse. L’urina è il mezzo principale attraverso il quale ci liberiamo delle scorie dei processi metabolici e delle sostanze estranee o tossiche: contiene componenti sia organici (urea, acido urico, aminoacidi ecc.) sia inorganici (ioni sodio, potassio, calcio, magnesio, cloruri, fosfati, solfati ecc.). I ricercatori hanno individuato ben 3.079 sostanze (o metaboliti): 72 dovuti ai batteri, 1.453 provenienti dal corpo, e 2.282 dipendenti da dieta, farmaci, cosmetici o ambiente (alcuni composti appartengono a più di un gruppo).
Quanta urina produciamo?
Si stima che un uomo adulto ne produce in media un litro e mezzo al giorno, circa 550 litri all’anno. È stato calcolato che in una vita passiamo circa 106 giorni a fare pipì !!! Tutti i mammiferi di grossa e media taglia (uomo compreso) impiegano più o meno 21 secondi per svuotare completamente la vescica.
Perché ci viene da urinare?
La pipì viene prodotta dai reni e raccolta in una specie di piccolo serbatorio, la vescica. Quando nella vescica l’urina raggiunge la quantità minima di 300 ml, parte uno stimolo nervoso, una sorta di “troppo pieno”, che provoca il desiderio di eliminare il liquido attraverso la contrazione della vescica stessa. I bambini che “se la fanno addosso” non hanno ancora imparato a controllare questo stimolo. Quando siamo stressati o nervosi lo stimolo aumenta a dismisura fino a”farcela” quasi addosso perché? Lo stress ci pone in una situazione di "attacco o fuga": l'adrenalina liberata può far ricevere lo stimolo come più urgente del solito, o anche incrementare la produzione di urina da parte dei reni. In pratica il sistema nervoso centrale opera a un più alto livello di sensibilità, e impiega meno tempo ad attivare il riflesso.
Negli sportivi cosa succede?
Durante gli sport il bisogno di urinare si riduce: i liquidi in eccesso (acqua, sali minerali, urea) sono espulsi per lo più col sudore. Ma in alcuni sport di lunga durata gli atleti possono sentire lo stimolo impellente di urinare, e lo fanno senza interrompere la gara. I ciclisti lo fanno sul ciglio della strada, spesso mentre pedalano. Lo stesso capita ai piloti di Formula 1, che non possono uscire dall’abitacolo. I subacquei urinano nella muta.
Le urine comunicano?
Per gli animali, oltre che un’esigenza fisiologica (gli elefanti ne fanno fino a 50 litri al giorno), è un mezzo di comunicazione. Attraverso i feromoni, particolari sostanze chimiche, contenuti nella pipì, molte specie - dai crostacei ai felini – possono infatti lanciare messaggi ai propri simili, arrivando a influenzarne il comportamento. Attirando per esempio il maschio in un modo praticamente irresistibile.
Da cosa dipende il colore?
Dipende dalla urobilina, un pigmento biliare che deriva dalla degradazione della bilirubina (il prodotto della distruzione dei globuli rossi al termine del loro ciclo vitale). Se si beve abbastanza e si è ben idratati, l’urobilina è diluita in molta acqua e l’urina è giallo tenue. Una pipì giallo scuro può indicare che è necessario assumere più liquidi, mentre una tendente al bianco potrebbe significare che abbiamo bevuto troppa acqua e che i reni sono sottoposti a uno sforzo eccessivo.
Urina e test gravidanza
Oggi ci sembrerà poco ortodosso, ma fino ai primi anni '60, l'unico test di gravidanza affidabile consisteva nell’iniettare l'urina di una donna in una femmina di Xenopo liscio (Xenopus laevis) rana nativa degli stagni fangosi del Sud Africa. Negli esemplari femmina veniva iniettata l'urina di una donna e se quest'ultima era incinta, la rana, dopo l'iniezione, cominciava a produrre uova.
Il test venne sviluppato da Lancelot Hogben, che nel 1930 aveva scoperto che poteva controllare l'ovulazione nelle rane utilizzando alcuni ormoni. Ne dedusse che iniettando l'urina nei sacchi linfatici della rana, se questa deponeva delle uova dopo 12 ore era segno che la gonadotropina corionica, un ormone prodotto dall'embrione nella seconda settimana di sviluppo, era presente nelle urine della donna, che dunque era era incinta. La procedura era nota come il test di Hogben.
Può essere importante fare pipi durante la doccia?
Non c’è dubbio che molti già lo facciano, anche se imbarazzati a dichiararlo pubblicamente. Eppure l’argomento ha una logica reale e innegabile: fare pipì mentre si fa la doccia potrebbe comportare vantaggi enormi per l’ambiente. Ne sono convinti Debs Torr e Chris Dobson, due studenti dell’Università di Norwich (Inghilterra), che hanno lanciato fra i 15 mila allievi dell’ateneo, con il sostegno del rettore. L’obiettivo è convincere le persone a fare la prima pipì della giornata sotto la doccia, così da sfruttare la stessa acqua per entrambe le funzioni, e risparmiando quella che altrimenti si consumerebbe in più con lo sciacquone. Secondo Debs e Chris, se tutti gli studenti del campus adottassero tale comportamento si risparmierebbe in poco più di un anno l’acqua necessaria a riempire ventisei volte una piscina olimpica. Inoltre potrebbe essere utilizzata come “detersivo”: il Tweed scozzese uno dei tessuti più pregiati, usato per abiti da uomo, deve in qualche modo la sua fama all’urina, che veniva messa nell’acqua per pulirlo bene, sfruttando il potere sbiancante dell’ammoniaca.
Dott. Gian Luca Milan
Immagine copyright depositphotos\belchonock
- Dettagli
- Categoria: Stili di vita, dieta, sport e sessualità
La famosa "pillola blu" non sarebbe forse mai esistita, se non fosse stato per l'attenzione e la sensibilità di un'infermiera. A raccontare la curiosa storia del Viagra, il farmaco contro la disfunzione erettile che dal 1998 è stato acquistato da oltre 62 milioni di uomini nel mondo, è un articolo pubblicato sulla rivista Quartz (Viagra’s famously surprising origin story is actually a pretty common way to find new drugs), piuttosto esemplificativo di come funzionano ricerca farmacologica e corpo umano.
Nonostante la popolarità del Viagra, gli scienziati della compagnia farmaceutica Pfizer non cercavano un medicinale per la cura dell'impotenza, ma contro disturbi cardiovascolari come ad esempio l'angina pectoris, un dolore al torace provocato dallo scarso afflusso del sangue nelle arterie coronarie. Il Sildenafil, il principio attivo del farmaco, doveva dilatare i vasi sanguigni del cuore bloccando una proteina chiamata PDE-5. Nei modelli animali aveva funzionato piuttosto bene e senza effetti collaterali, così nei primi anni '90 si passò a testare il preparato anche sull'uomo. I benefici sull'angina pectoris non si rivelarono soddisfacenti. In compenso molti pazienti trattati iniziarono a mostrare alcuni e strani "inconvenienti".
- Dettagli
- Categoria: Diagnosi
Il Virus dell’Herpes Simplex (HSV) è responsabile di una affezione acuta, spesso febbrile, recidivante, che si manifesta clinicamente con quadri anche molto diversi tra loro, da forme lievi e localizzate a forme gravi disseminate. La localizzazione in area genitale sebbene tipica, non esclude altre localizzazioni in aree vicine: natiche, coscie, dorso. Il virus dell'Herpes simplex umano (HSV) appartiene alla famiglia delle Herpesviridae. Sulla base di differenze antigeniche si distinguono due tipi di HSV, 1 e 2. Benché l’Herpes genitalis sia causato più frequentemente da HSV 2, si ammette che nel 30% dei casi sia in causa l’HSV 1, più conosciuto come agente dell’herpes labiale. Sia per l’HSV 1 che per l’HSV 2 sono stati individuati ceppi distinti suscettibili di coinfettare lo stesso individuo e di evolvere in maniera autonoma. L’infezione avviene sia per contatto diretto cutaneo-mucoso con una lesione erpetica o, in corso di infezioni asintomatiche, per contatto con liquidi biologici (saliva, secrezioni cervicali o uretrali) contenenti il virus. Nell’uomo questo virus si moltiplica in molti tessuti, e anche nei linfociti e per la sua localizzazione intracellulare è in grado di sfuggire all’azione degli anticorpi specifici. La prima-infezione induce l'attivazione di meccanismi immunitari di difesa che contribuiscono a inibire la replicazione dell'HSV a livello delle lesioni primarie. La reazione immunitaria, tuttavia, non limita la caratteristica peculiare di questo virus e cioè la capacità di migrare per via assonale ai gangli nervosi sensitivi locoregionali e di penetrare nelle cellule nervose. A questa fase di “invasione” segue poi una fase di “latenza” in cui il DNA virale permane nell’organismo ospite, integrato o meno al genoma cellulare. I meccanismi biologici che stanno alla base di questo stato di “latenza” e che regolano l’espressione del genoma virale non sono noti, ma questa specie di equilibrio che si viene a stabilire tra il virus e le difese immunitarie dell’ospite è una condizione instabile che può spezzarsi. Il genoma virale torna allora a replicarsi e determinare le manifestazioni cliniche tipiche della recidiva erpetica.
Le cause di questa rottura dell'equilibrio "di latenza" non sono conosciute, ma sicuramente lo stato immunologico del paziente ha un ruolo fondamentale. La constatazione che gli stati di immunodepressione profonda (AIDS, morbo di Hodgkin) provocano frequentemente recidive gravi prolungate fa ipotizzare che normalmente deficit transitori dell’immunità cellulare correlati a stress, affaticamento fisico, febbre, traumi, raggi ultravioletti, etc., siano la causa della riattivazione virale e delle recidive. L’infezione da virus HSV è endemica, ma nonostante il notevole potere infettivo virale solo raramente causa malattia conclamata che può assumere un andamento grave in soggetti non immuni e con caduta delle difese immunitarie. Gli ultimi dati epidemiologici indicano che la malattia è in continuo aumento sia in Europa che negli USA con una sieropositività nella popolazione generale vicino al 25%.
L’età media delle pazienti con prima infezione e di circa 22-26 anni. In rapido aumento sono i casi, di herpes genitale da virus tipo 1 e i casi di coinfezione o reinfezione di entrambi i tipi virali. Sul finire degli anni '70, i risultati di alcune ricerche epidemiologiche avevano fatto ipotizzare un probabile ruolo dell'HSV 2 nella patogenesi del cancro cervicale (come per il virus papilloma umano – HPV).
Indagini sierologiche avevano infatti dimostrato che il rischio di sviluppare un carcinoma del collo uterino era più elevato nelle donne HSV 2-positive rispetto alla popolazione generale. Concordi con questi dati erano i risultati di talune ricerche genetiche che avevano individuato sequenze geniche virali, con frequenza elevata, nelle displasie di differente grado e nei carcinomi invasivi, ma solo raramente nei tessuti indenni, mentre da altre indagini in vitro evidenziavano il potere trasformante di alcune sequenze genomiche di HSV.
- Dettagli
- Categoria: Diagnosi
Sempre più frequentemente alcuni dei miei pazienti mi pongono domande su quello che può capitare alle proprie compagne affette o a rischio di contagio da papilloma virus umano (HPV). La preoccupazione nasce dal fatto che è ormai conosciuto che alcuni ceppi virali dell’HPV possano causare il cancro dell’utero, mentre nei maschetti gli stessi ceppi virali siano tutto sommato innocui dal punto di vista oncologico.
HPV è responsabile di varie lesioni, comunemente note sotto il nome di condilomi, che si possono riscontrare a livello dell’ apparato genitale inferiore femminile, nonchè a livello genitale maschile.
L’HPV si trasmette prevalentemente con l’attività sessuale. Oggi si ritiene che l’infezione da HPV sia una delle più comuni malattie sessualmente trasmesse. La sua massima incidenza si ha nelle persone di età compresa tra i 20 e i 40 anni. E’ anche nota la possibilità di trasmissione dell’HPV mediante oggetti (ad esempio biancheria o oggetti sessuali) che siano venuti a contatto con persone infette.
Le manifestazioni dell’HPV possono essere variabili a seconda dei distretti anatomici interessati. Le lesioni che si sviluppano a livello della cute perineale e perianale, e quelle che si sviluppano a carico di vulva e vagina sono visibili a occhio nudo (vengono pertanto definite lesioni condilomatose clinicamente evidenti) e vanno sotto il nome di condilomi. Questi hanno l’aspetto di lesioni rilevate, verrucose, di dimensioni variabili, singole o plurime.
A livello del collo dell’ utero solitamente le lesioni di tipo condilomatoso non sono visibili ad occhio nudo, ma per essere riconosciute richiedono l’ esame colposcopico. Spesso a livello del collo dell’utero le lesioni da HPV si associano a lesioni di tipo displasico (CIN o Neoplasia Cervicale Intraepiteliale, oppure SIL o Lesione Intraepiteliale Squamosa). La condilomatosi a livello cervicale per il fatto di non essere visibile a occhio nudo viene definita subclinica.