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Uno dei motivi più frequenti di richiesta di visita urologica sopra i 40 anni di età è il riscontro occasionale all’ecografia addominale dell’adenoma di prostata. I soggetti che si sottopongono ad esame ecografico dell’addome, per i più svariati motivi, vengono colpiti molto spesso da questa famosa ed inquietante parolina: adenoma. Generalmente sono individui che non hanno alcun disturbo minzionale e la prima cosa che fanno dopo aver letto il referto è cercare informazioni su internet. Tuttavia, la parola adenoma in un qualsiasi motore di ricerca viene spesso ed erroneamente accostata alla parola tumore. Ecco perché il paziente si spaventa moltissimo e ricerca il più presto il consulto specialistico nel timore di avere una patologia prostatica molto grave. La colpa di queste preoccupazioni cadono molto spesso nel radiologo che esegue l’esame in quanto, al termine dell’esame e soprattutto nei soggetti giovani dovrebbe spiegare, prima di consegnare il referto dell’esame, che l’adenoma di prostata è una condizione assolutamente benigna e comune a tutti gli uomini dopo i 40 anni e che inizialmente non determina alcun disturbo. Questo atteggiamento non è sempre da biasimare in quanto in alcuni centri diagnostici, sia pubblici che privati o convenzionati, la mole degli esami ecografici è elevata e il radiologo Ecografista si trova di fronte a tempi molto stretti tra l’esecuzione dell’esame e la refertazione dello stesso e non si trova il tempo per spiegare direttamente al paziente l’esito. Personalmente, quando eseguo una ecografia prostatica, in un soggetto che non presenta all’esame particolari patologie, al termine dell’indagine dico al paziente: “tutto bene signore, ha solo la prostata un po' ingrossata in quanto si è sviluppato l’adenoma che è quella parte centrale della ghiandola che cresce in tutti gli uomini dopo i 40 anni”. Il paziente si sente così rassicurato e dopo aver letto il referto difficilmente avrà dei dubbi o perplessità al riguardo. Ma che cos’è l’adenoma di prostata?
L'iperplasia prostatica benigna (IPB) o adenomiofibromatosi della prostata, detta più brevemente adenoma prostatico, rappresenta il più frequente tumore benigno del sesso maschile. È ormai da lungo tempo che osservazioni cliniche e sperimentali hanno riconosciuto un alterato stato endocrino come supporto all'iperplasia adenomatosa della prostata. È noto infatti che la castrazione precoce sia nell'uomo che nell'animale evita l'ingrossamento della ghiandola la quale al contrario, in queste condizioni tende con gli anni all'ipotrofia; la medesima castrazione o la somministrazione di estrogeni non hanno invece alcun effetto dal punto di vista macroscopico su di una ghiandola già adenomatosa.
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La pielonefrite acuta è una patologia renale che si manifesta sempre improvvisamente. L'infezione e la risultante infiammazione interessano principalmente il tessuto di sostegno all'interno del quale sono situate le piccole unità filtranti, i glomeruli. Ciò avviene talvolta quando i microbi vengono trasportati al rene attraverso il circolo sanguigno da un'altra parte del corpo (via ematogena) o attraverso il sistema linfatico(via linfatica). Tuttavia, nella maggior parte dei casi i batteri infettanti provengono dalla pelle situata attorno all'orifizio uretrale. I batteri possono entrare nell'uretra e diffondersi, attraverso la vescica e l'uretere fino al rene (via canalicolare ascendente). Questo è particolarmente probabile se, per qualche ragione, avviene un blocco parziale del normale flusso urinario; i batteri si sviluppano nel liquido stagnante e non possono essere eliminati con la stessa facilità di quando l'urina scorre liberamente. Ciò tuttavia spiega alcuni, ma non tutti i casi di pielonefrite acuta.
Nella maggior parte dei casi la malattia inizia con un improvviso dolore intenso al fianco. Sebbene possano essere colpiti entrambi i reni, il dolore di solito è più intenso da un lato e si diffonde su quel lato fino all'inguine. La temperatura aumenta rapidamente, spesso raggiunge i 40° C e si hanno brividi scuotenti; possono esservi anche nausea e vomito. Il soggetto può avvertire disuria (difficoltà o dolore durante la minzione) e ha la sensazione di un bisogno costante di urinare, anche se la vescica è vuota. L'urina stessa di solito è torbida o di colore rosso chiaro, se si è verificata una perdita di sangue.
La pielonefrite acuta è un'affezione che compare in tutte le età: in media 1 persona su 250 consulta il medico ogni anno per questo disturbo. Essa compare con una frequenza quattro volte maggiore nelle donne rispetto agli uomini, poiché il potenziale canale di ingresso dei batteri (l'uretra) è molto più corto nelle donne. Diverse condizioni che diminuiscono il flusso urinario rendono l'individuo più esposto a questa malattia; tra queste citiamo gravidanza (la compressione sugli ureteri esercitata dall'utero dilatato riduce il flusso urinario), calcoli renali, tumori della vescica oppure negli uomini un ingrossamento della prostata che può determinare un ostacolo allo svuotamento delle urine e la crescita dei batteri in essa contenuti. Inoltre, un difetto dell'apparato urinario aumenta il rischio che si manifesti il disturbo.
Con un pronto trattamento, le complicazioni sono molto improbabili. In persone molto giovani o deboli l'infezione talvolta passa nel sangue e determinare un’infezione sistemica generalizzata: la setticemia. Ripetuti attacchi di pielonefrite acuta possono indicare che nelle vie urinarie vi è un difetto di base che deve essere eliminato.
Se accusate sintomi della pielonefrite acuta, consultate il medico. L'attacco si risolve nel giro di un giorno o due, ma dopo la guarigione il medico può prescrivervi un esame del sangue e dell'urina, e forse una TAC o Risonanza Magnetica addominale per approfondire meglio l’infezione acuta renale. Potrete anche essere sottoposti a una cistoscopia, per esaminare la vescica. Se siete un adulto sano, i vari test diagnostici raramente sono necessari dopo un solo attacco di pielonefrite acuta, ma se avete avuto attacchi in passato o se il paziente è un bambino, queste prove sono consigliabili per rivelare la presenza di un'affezione di base e per impedire quindi un danno permanente.
Il trattamento della pielonefrite acuta consiste nel riposo a letto e in una dieta blanda, leggera, che comprende dosi abbondanti di liquidi come succhi di frutta o acqua. Inoltre il medico può prescrivervi antibiotici, di solito per bocca. In qualche caso, per esempio persone molto giovani e anziane, può essere necessario un ricovero in ospedale in modo che i farmaci e i liquidi necessari possano essere somministrati mediante fleboclisi. In generale gli antibiotici stroncano l'infezione in 24-48 ore, ma il trattamento è proseguito fino a 10 giorni.
La pielonefrite cronica è un'affezione in cui, nel corso di molti anni, i reni vengono sempre più danneggiati in conseguenza della comparsa di ripetute infezioni urinarie (che di solito non vengono riconosciute). Nella maggior parte dei casi questa malattia compare nei bambini e non viene sospettata fino a quando, dopo alcuni anni, cominciano a manifestarsi sintomi di disturbi renali. Anche in questo caso i batteri infettanti probabilmente riescono a penetrare nelle vie urinarie attraverso l'estremità inferiore dell'uretra (come avviene per la forma acuta). Normalmente queste invasioni batteriche sono limitate alla parte inferiore delle vie urinarie , poiché il flusso urinario evita che l'infezione si diffonda verso l'alto.
Nell'atto di urinare la vescica si contrae e spreme l'urina lungo l'uretra, mentre al tempo stesso alcune valvole chiudono i due ureteri nel punto in cui entrano nella vescica, il che impedisce che l'urina venga spinta contemporaneamente indietro nei reni. Tuttavia talvolta queste valvole non funzionano adeguatamente e l'urina si diffonde sia verso l'alto che verso il basso. Se l'urina è infetta, l'infezione può raggiungere il rene. Le infezioni ricorrenti in persone con difetti valvolari sono la causa della maggior parte delle pielonefriti croniche. Anche i calcoli renali possono provocare la malattia. Alcune volte la pielonefrite cronica è preceduta da attacchi ripetuti di altre infezioni delle vie urinarie, come la pielonefrite acuta o la cistite.
A differenza della forma acuta raramente la pielonefrite cronica provoca sintomi fino a quando non è completamente in atto. Tuttavia talvolta possono comparire segni precoci di insufficienza renale cronica e possono presentarsi aumento della diuresi e stanchezza. Via via che questi disturbi aumentano, possono comparire anche nausea e prurito. In molti casi la pielonefrite viene scoperta in una fase assai più precoce, se per esempio l'individuo si sottopone a esami del sangue o dell'urina per qualche altra ragione.
Ogni anno in Italia a oltre 500 persone viene diagnosticata un'insufficienza renale cronica dovuta a pielonefrite cronica, e per lo più si tratta di donne. Vi sono molte più persone affette da pielonefrite cronica che non presentano insufficienza renale. E poiché la malattia progredisce molto lentamente, vi sono molte persone che vivono molto a lungo senza sapere di esserne affette.
Il rischio principale è che questa malattia progredisca non scoperta fino a provocare una insufficienza renale cronica. Oggi tuttavia ciò non si verifica spesso, poiché la crescente consapevolezza dei pericoli delle infezioni urinarie nei bambini piccoli ha permesso un trattamento preventivo migliore in fase precoce.
Se si hanno infezioni urinarie lievi ripetute o uno dei sintomi dell'insufficienza renale cronica, si deve andare dal medico. Le prove diagnostiche sono le stesse della pielonefrite acuta. Nella pielonefrite cronica senza sintomi, il medico cercherà di impedirne il progredire mediante semplici misure come l'assunzione di abbondanti quantità di liquidi (fino a 3 litri al giorno) e consigliando al paziente di evitare un eccesso di proteine e di sale nel cibo. Prescriverà anche regolari esami del sangue ogni 6 o 12 mesi a scopo di controllo.
Dott. Gian Luca Milan
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Quale acqua devo bere: questa è una delle domande che più frequentemente mi pongono i pazienti. Una percentuale abbastanza alta della popolazione soffre di calcolosi renale sia nelle forme più gravi (presenza di calcoli voluminosi che possono comportare un danno alla funzione di questo organo) sia nelle forme più lievi (presenza di renella ovvero “sabbia” renale) con scarsa sintomatologia e alterazione della funzione.
Per la maggior parte dei calcoli, dal punto di vista medico, non esiste alcuna evidenza scientifica che supporti l’utilizzo di una marca di acqua piuttosto che di un’altra e non esistono nemmeno evidenze che possano far preferire una determinata acqua in bottiglia all’acqua del rubinetto. Questo significa che ciò che importa per prevenire la formazione dei calcoli non sono tanto il residuo fisso, il fatto che ci sia gas o meno o il sapore quanto la quantità di acqua assunta.
Per quanto riguarda i nostri reni, i calcoli si formano per l’aggregazione di microcristalli. Se si provvede ad un corretto apporto idrico, è la stessa acqua che agisce meccanicamente “lavando” via i cristalli prima che questi si possano aggregare a formare microcalcoli e quindi calcoli veri e propri. L’adeguato apporto idrico è il primo atteggiamento corretto che qualsiasi essere umano dovrebbe rispettare per prevenire la formazione di calcoli. A maggior ragione chi soffre di calcolosi. Non è un caso che in paesi dove il clima è più arido e secco (e quindi dove il corpo tende a trattenere i liquidi creando meno urina) ci sia un’incidenza di calcolosi più elevata.
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Si parla di eiaculazione ritardata quando, durante la masturbazione o atto sessuale o qualsiasi altra apprezzabile ed adeguata stimolazione sessuale, il riflesso eiaculatorio non insorge o si manifesta solo dopo un periodo di tempo eccessivamente prolungato. L'eiaculazione ritardata rappresenta un comune disturbo della fase orgasmica, sebbene meno frequente rispetto alla eiaculazione precoce. Molto spesso il ritardo dell'atto eiaculatorio si traduce in un ricorrente rinvio orgasmico che, sovente, degenera in una vera e propria anorgasmia cioè l’incapacità di raggiungere l'apice del piacere.
L’eiaculazione ritardata è probabilmente una tra le meno comprese, e forse meno studiate, disfunzioni sessuali maschili. Tale problema può variare in base all’età della persona, in termini di intensità e durata. Il disturbo deve provocare un significativo discomfort o difficoltà nelle relazioni interpersonali.
Si stima che l’eiaculazione ritardata sia una disfunzione sessuale presente in circa il 3% degli uomini. Nonostante ciò, con l’esperienza clinica, gli urologi e i sessuologi hanno notato un numero crescente di uomini che lamentano questo disturbo. La prevalenza dell’eiaculazione ritardata appare correlata con l’età. Questo fatto non stupisce poiché è noto che la funzione eiaculatoria tende a indebolirsi con l’età (e questo in parte inevitabile in quanto tutte le funzioni dei nostri apparati tendono a modificarsi con il passare degli anni). Dal punto di vista filogenetico l’emissione dello sperma non è così fondamentale dopo una certa età quando il “traguardo” della fertilità dovrebbe essere già stato raggiunto.