Dolore scrotale o ai testicoli
Con il termine di dolore scrotale si intende una sintomatologia dolorosa a carico del contenuto scrotale o della cute dello scroto che compare improvvisamente o lentamente. Talvolta è associato a edema (gonfiore), arrossamento e aumento della temperatura della cute scrotale con o senza sintomi di tipo sistemico. Un dolore scrotale può essere anche la conseguenza di cause non locali che però provocano un’irradiazione dolorosa in tale distretto.
L’attenta raccolta anamnestica delle caratteristiche del dolore rappresenta un importante elemento nelle valutazioni di diagnostica differenziale soprattutto quando viene correlata con il reperto palpatorio del contenuto scrotale.
Dolori al fianco: diagnosi differenziale dell'urologo
Una delle principali motivazioni di visite urologiche o di accesso al Pronto Soccorso è un dolore al fianco mono o bilaterale che spesso e volentieri viene scambiato per colica renale. Questo tipo di dolori si localizzano nella regione delimitata dall’arco dell’ultima costola, la colonna lombare, la fossa iliaca e la linea ascellare anteriore. Tutti gli organi che si trovano in questa regione anatomica (quindi non solo il rene) possono dare dolore in caso di patologia. Il dolore può avere origine dai tegumenti (cute / sottocute), dalla muscolatura, dai nervi, dalle costole, dai reni e vie urinarie, dal peritoneo (membrana che avvolge l’intestino nella cavità addominale), dal fegato, dalla colecisti (cistifellea), dalla milza, dall’intestino e dalle strutture ossee (vertebre).
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Mi hanno trovato un adenoma di prostata all'ecografia: dottore sono preoccupato
Uno dei motivi più frequenti di richiesta di visita urologica sopra i 40 anni di età è il riscontro occasionale all’ecografia addominale dell’adenoma di prostata. I soggetti che si sottopongono ad esame ecografico dell’addome, per i più svariati motivi, vengono colpiti molto spesso da questa famosa ed inquietante parolina: adenoma. Generalmente sono individui che non hanno alcun disturbo minzionale e la prima cosa che fanno dopo aver letto il referto è cercare informazioni su internet. Tuttavia, la parola adenoma in un qualsiasi motore di ricerca viene spesso ed erroneamente accostata alla parola tumore. Ecco perché il paziente si spaventa moltissimo e ricerca il più presto il consulto specialistico nel timore di avere una patologia prostatica molto grave. La colpa di queste preoccupazioni cadono molto spesso nel radiologo che esegue l’esame in quanto, al termine dell’esame e soprattutto nei soggetti giovani dovrebbe spiegare, prima di consegnare il referto dell’esame, che l’adenoma di prostata è una condizione assolutamente benigna e comune a tutti gli uomini dopo i 40 anni e che inizialmente non determina alcun disturbo. Questo atteggiamento non è sempre da biasimare in quanto in alcuni centri diagnostici, sia pubblici che privati o convenzionati, la mole degli esami ecografici è elevata e il radiologo Ecografista si trova di fronte a tempi molto stretti tra l’esecuzione dell’esame e la refertazione dello stesso e non si trova il tempo per spiegare direttamente al paziente l’esito. Personalmente, quando eseguo una ecografia prostatica, in un soggetto che non presenta all’esame particolari patologie, al termine dell’indagine dico al paziente: “tutto bene signore, ha solo la prostata un po' ingrossata in quanto si è sviluppato l’adenoma che è quella parte centrale della ghiandola che cresce in tutti gli uomini dopo i 40 anni”. Il paziente si sente così rassicurato e dopo aver letto il referto difficilmente avrà dei dubbi o perplessità al riguardo. Ma che cos’è l’adenoma di prostata?
L'iperplasia prostatica benigna (IPB) o adenomiofibromatosi della prostata, detta più brevemente adenoma prostatico, rappresenta il più frequente tumore benigno del sesso maschile. È ormai da lungo tempo che osservazioni cliniche e sperimentali hanno riconosciuto un alterato stato endocrino come supporto all'iperplasia adenomatosa della prostata. È noto infatti che la castrazione precoce sia nell'uomo che nell'animale evita l'ingrossamento della ghiandola la quale al contrario, in queste condizioni tende con gli anni all'ipotrofia; la medesima castrazione o la somministrazione di estrogeni non hanno invece alcun effetto dal punto di vista macroscopico su di una ghiandola già adenomatosa.
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Ascesso prostatico: infezione rara ma molto pericolosa
Nell’era degli antibiotici moderni (molto spesso iperutilizzati senza indicazioni precise), l’ascesso prostatico è una condizione che si presenta poco frequentemente; tuttavia, va diagnosticata in modo tempestivo poiché una corretta gestione permette di evitare complicanze significative che a volte possono mettere in pericolo la vita del paziente.
La letteratura a nostra disposizione sull’argomento descrive come fattori predisponenti il diabete mellito, l’ostruzione cervico-uretrale (tipicamente determinata da ipertrofia prostatica), il cateterismo vescicale permanente, la biopsia prostatica, le malattie croniche epatiche e renali. E’ una condizione che si presenta ad ogni età anche se più di frequente in epoca più avanzata.
L’ipotesi più probabile nella formazione di un ascesso prostatico è quella del flusso retrogrado di urina, contaminata, all’interno dei condotti prostatici durante la minzione, fenomeno che determina la formazione di microascessi i quali poi unendosi portano alla formazione di ascessi di maggiori dimensioni. Il batterio E. Coli è il principale responsabile di infezioni del basso tratto urinario ed è il patogeno prevalentemente responsabile di ascessi prostatici; tuttavia, patogeni atipici possono essere coinvolti nella patogenesi in pazienti defedati e immunocompromessi.
La sintomatologia è varia. Normalmente il paziente lamenta sintomatologia disurica (aumento della frequenza minzionale, urgenza e bruciore) tipica di infezioni del basso tratto urinario; a questi sintomi si associa spesso (fino al 70% dei casi) la febbre e il dolore in sede perineo-scrotale; un terzo dei casi può presntare ritenzione acuta d’urina e si rende pertanto necessario il posizionamento di un catetere vescicale.
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