Tumore vescicale: nuove prospettive grazie alla immunoterapia
26600 nuovi casi nel 2016, con 5600 decessi e una notevole differenza di incidenza fra i due sessi a sfavore degli uomini che ne sono colpiti con una frequenza di 4-5 volte superiore rispetto alle donne. Questi i dati dei numeri italiani più recenti sul tumore della vescica, una neoplasia per la quale, dopo anni di immobilità, sembrano aprirsi finalmente nuove prospettive terapeutiche, essenzialmente grazie alla immunoterapia. Quello della vescica è il quarto tumore solido nel maschio, dopo prostata, polmone e color retto, mentre nella donna si colloca all' undicesimo posto. Una situazione che però sembrerebbe in evoluzione. Il divario, per cui ogni anno si ammalano circa 21.000 uomini e 5.000 donne si sta lentamente accorciando.
Questo è quello che emerge negli ultimi due o tre anni: in Italia si assiste a una lieve riduzione di incidenza nel sesso maschile, una riduzione modesta, inferiore al 1%, ma statisticamente significativa, contemporaneamente invece si è osservato un aumento di incidenza nel sesso femminile e questo fenomeno sta continuando nel tempo per cui la forbice fra i due sessi si sta chiudendo. Una variazione presumibilmente riconducibile a fattori ambientali. Fra i fattori di rischio per il tumore della vescica sono stati riconosciuti la suscettibilità genetica, il fumo, le occupazioni a rischio professionali, alcuni fattori dietetici, l'inquinamento atmosferico, il sesso, la razza, la condizione economica e l'assunzione di farmaci. Per alcune di queste condizioni esistono delle evidenze scientifiche indiscutibili e una di queste è il fumo di sigaretta. Fino al 60% e oltre dei pazienti con tumore della vescica hanno una storia di fumo. Fumare aumenta il rischio di 4-5 volte, con un aumento che è in relazione al numero delle sigarette fumate. Le circa 3800 sostanze cancerogeno o potenzialmente cancerogene presenti nel fumo vengono eliminate in gran parte in maniera non metabolizzata con le urine quindi si raccolgono nella vescica.
Leggi tutto: Tumore vescicale: nuove prospettive grazie alla immunoterapia
Calcoli prostatici nell'antichità
Una scoperta recente mi ha incuriosito. Trattasi di un individuo anziano vissuto più di 9.000 anni fa con calcoli della prostata, rinvenuti in una sepoltura nel cimitero preistorico di Al Khiday, nel Sudan centrale, lungo la sponda sinistra del Nilo Bianco. I calcoli, due dei quali di dimensioni rilevanti (3 centimetri di diametro con circa 12-15 grammi di peso e uno più piccolo), sono stati studiati al microscopio a scansione elettronica e in diffrazione ai raggi X: le analisi, condotte da Lara Maritan, Gilberto Artioli e Gregorio dal Sasso (Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Padova), hanno permesso di escludere forme di calcolosi più comuni tra le patologie delle popolazioni preistoriche, come quella renale.
Sembra invece che i calcoli abbiano avuto origine da infiammazioni batteriche: la scoperta conferma come alcuni agenti patogeni (per esempio Escherichia coli eKlebsiella, all'origine di patologie quali la prostatite batterica) siano molto antichi, in contrapposizione a una scuola di pensiero che vuole l'origine di molte malattie che affliggono l'uomo (inteso come individuo maschile) collegata all'avvento dell'economia di produzione, ossia al momento in cui si sono fatti più stretti i rapporti tra uomo e animale, spesso vettore di infezioni batteriche.
Tumore prostatico: l'enzalutamide nuova terapia medica
L’enzalutamide un nuovo farmaco, sviluppato dall’azienda farmaceutica Astellas, è indicato per i pazienti con carcinoma prostatico metastatico resistente alla terapia ormonale non sottoposti a chemioterapia. Nello studio Prevail ha dimostrato di prolungare la sopravvivenza globale e ritardare il ricorso al trattamento chemioterapico con significativo miglioramento della qualità di vita dei pazienti. Tale molecola è stata approvata, recentemente, anche in Italia per i pazienti con carcinoma prostatico metastatico resistente alla terapia ormonale non sottoposti a chemioterapia. Il farmaco è un agente ormonale orale di ultima generazione, dotato di un meccanismo di azione innovativo in quanto inibisce in maniera potente il recettore degli androgeni, il testosterone, che è la “benzina” di crescita del tumore prostatico inducendone la morte. La terapia ormonale è uno dei cardini del trattamento farmacologico del carcinoma prostatico perché punta a ridurre gli androgeni, e l’enzalutamide rappresenta un grande progresso nel trattamento dei pazienti con tumore della prostata metastatico resistente alla terapia ormonale e non ancora sottoposti a chemioterapia. Oggi il tumore della prostata è la terza neoplasia maligna nella popolazione generale, la più frequente dei maschi adulti per i quali, dopo i 50 anni di età, rappresenta oltre il 20% di tutti i tumori diagnosticati. In un’elevata percentuale di casi la malattia evolve in una forma resistente alla terapia anti-androgenica e metastatizza a distanza (soprattutto nelle ossa). L’AIFA ha autorizzato l’indicazione pre-chemioterapia di enzalutamide, già utilizzato dopo fallimento del trattamento chemioterapico.
Per anni si sono utilizzati analoghi agonisti dell’LHRH (ormone che stimola la produzione del testosterone) che tuttora rappresentano la terapia standard della malattia metastatica o delle recidive dopo il trattamento con chirurgia e radioterapia. E per i pazienti non responsivi alla terapia ormonale si disponeva solo della chemioterapia con docetaxel. L’enzalutamide rappresenta un nuovo ed importante strumento per il miglioramento della strategia terapeutica del carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione. Oltre all’efficacia, il farmaco è caratterizzato anche da un buon profilo di tollerabilità.
Leggi tutto: Tumore prostatico: l'enzalutamide nuova terapia medica
Contraccezione maschile: ci siamo quasi
Di rimedi per evitare spiacevoli gravidanze, oggigiorno, ce ne sono tantissimi; dalla pillola contraccettiva femminile, a quella classica del giorno dopo. La ricerca scientifica propone sempre formule nuove e meno invasive per la donna: sono tutte indirizzate a favorire il fattore estetico sempre più indiscreto e preciso. La novità ora è nel riuscire a pensare la contraccezione non solo per l'universo femminile, ma anche per quello maschile (oltre il normale preservativo). Ecco così che tra le invenzioni ce n'è una che ben presto attirerà l'attenzione di tutte le donne: il "pillolo" per l'uomo! Sarà la nuova frontiera della contraccezione? In un mondo moderno che vuole per le coppie una divisione di compiti più equa, ora sarà possibile anche sotto le lenzuola.
Una combinazione di ormoni iniettata nel corpo maschile si è rivelata un contraccettivo efficace quanto la pillola femminile, prevenendo le gravidanze nel 96% dei casi. È quanto emerge da uno studio multicentrico condotto dalla University of Edinburgh pubblicato sul “The journal of clinical endocrinology and metabolism”, che lascia intravedere un futuro in cui le responsabilità della contraccezione siano equamente distribuite all'interno delle coppie, ma che evidenzia anche alcuni importanti effetti collaterali.