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Una delle domande più frequenti che una coppia dopo un aborto spontaneo sottopone all’urologo/andrologo è se vi sono delle cause maschili di tipo cromosomico o genetico.
Tra le cause conosciute di aborto ci sono le aberrazioni cromosomiche occasionali, cosiddette 'de novo', alcune forme di trombofilia ereditaria, come Fattore V Leiden e la mutazione del gene della protrombina, anomalie uterine congenite o acquisite come ad esempio i polipi, endocrine, disturbi autoimmuni e, forse, abitudini di vita non salutari come il fumo, l’obesità e lo stress psicologico. La maggior parte di queste condizioni sono legate alla donna, mentre il contributo del maschio rimane relativamente inesplorato.
L'alterazione dei parametri spermatici valutati in base a criteri classici del WHO (concentrazione, motilità, morfologia) non è chiaramente associata al rischio di aborto sporadico o ricorrente. Tuttavia alcune carenze del liquido seminale potrebbero rappresentare la manifestazione di una causa più profonda. Un esempio di questo è il caso di embrioni con anomalie cromosomiche originati da errori di divisione dei cromosomi durante la spermatogenesi di uomini con oligoastenoteratospermia grave.
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Operare o non operare? Radio o brachiterapia? Fare un trattamento o tenere la malattia sotto controllo? Le opzioni a disposizione degli uomini con un tumore della prostata sono diverse e le scelte vanno fatte, prima di tutto, in base al tipo di neoplasia e al suo stadio di evoluzione. Una possibile strategia potrebbe essere la sorveglianza attiva ovvero convivere con il cancro rinviando le cure. E’ una possibilità riservata solo a determinate tipologie di malati, con un carcinoma di piccole dimensioni e poco aggressivo (in termini tecnici, appartenenti alla cosiddetta “classe di rischio basso”: T1 e T2a, Gleason non superiore a 6, PSA inferiore a 10 e con non più di due biopsie positive). La sorveglianza attiva consiste, in sostanza, nel posticipare le terapie al momento in cui il carcinoma diagnosticato cambia atteggiamento, se lo cambia. Nel frattempo, il paziente viene gestito come un sorvegliato speciale e sottoposto a esami e visite periodiche per tenere la malattia sotto stretta osservazione. Esplorazione rettale e PSA ogni tre mesi, ripetizione della biopsia a scadenze prestabilite (a un anno dalla diagnosi, poi alla fine del secondo, del quarto, del settimo e del decimo anno).
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Oltre il 50% degli uomini di età superiore ai 50 anni soffre di iperplasia prostatica benigna, con sintomi delle basse vie urinarie come frequenza, urgenza, intermittenza, nicturia, incompleto svuotamento vescicale o mitto urinario debole. L’intervento terapeutico standard di questi sintomi prevede l’impiego di farmaci a-bloccanti (come tamsulosina, alfusozina) o inibitori della 5a-reduttasi (finasteride o dutasteride); entrambe queste categorie di agenti farmacologici consentono di limitare i sintomi urinari, ma sono associati a diversi eventi avversi tra i quali ipotensione ortostatica, problemi eiaculatori, disfunzione erettile.
Una nuova opportunità terapeutica che va affermandosi è rappresentata dagli inibitori della fosfodiesterasi 5, come il tadalafil, ben noti per la loro efficacia in uomini con disfunzione erettile. In un recente e ampio studio in doppio cieco,
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L’eiaculazione precoce (EP) è la più frequente disfunzione sessuale maschile coinvolgendo circa il 30% degli uomini. Tale patologia influisce negativamente sulla soddisfazione sessuale del paziente e sulla qualità della vita della coppia. Le terapie psicosessuologiche e quelle farmacologiche (anestetici locali, antidepressivi triciclici o gli inibitori selettivi del re-uptake della serotonina) hanno dimostrato dei limiti al loro utilizzo. La terapia psicosessuologica generalmente risulta efficace nel breve periodo ma diventa poco efficace nel lungo periodo.
Tra le varie terapie farmacologiche provate un ruolo sembrerebbe avere la silodosina.